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La formazione per gli adulti



31/10/2014 - Oggi la formazione è una specie di terra promessa evocata costantemente a qualsiasi titolo: per superare le difficoltà, per cambiare lavoro, per migliorare la propria posizione, per obbligo di legge, per aumentare la sicurezza.
Quindi, quali sono gli attori della formazione? Un adagio irriverente professa che “chi non sa fare insegna”, cosa affatto vera nella stragrande maggioranza dei casi, salvo nel merito della parola “insegnare”.  Insegnare infatti non attiene tanto al trasferimento di informazioni, quanto al cambiamento del modo di fare delle persone. E siccome insegnare è un mestiere, insegnare a fare una qualsiasi attività sono "due mestieri"! Anche perché essere efficaci nel “trasferire informazioni” ad un uditorio implica la capacità di comunicare, cioè la capacità di tarare l’informazione sui nostri ascoltatori!
I guru della comunicazione dicono che per poterlo fare occorre essere attenti ai nostri fruitori, occorre “ascoltarli”. Ecco un primo evidente/apparente cortocircuito: per insegnare bene forse occorre ascoltare bene, così da poter condividere, mettere assieme, cioè comunicare. Quindi perfino un “pozzo di scienza” che non sappia comunicare non farà formazione, tranne che ai pochi che sono motivati ad imparare quel che ha da dire. Ma solitamente di motivati non ce ne sono molti in aula.
Dopo 10 anni di attività, sono arrivato a credere che siano collocati al massimo nelle prime due file di un’aula qualsiasi e possono anche essere fastidiosi perché richiedono informazioni e dettagli sulla materia, allungando il tempo in aula e recando “disturbo” soprattutto a quelli dell’ultima fila che stanno attendendo pazientemente il termine del sacrificio! Dov’è la differenza tra i due gruppi? La mia personale risposta univoca è la motivazione. Motivazione più Comunicazione rendono un sistema formativo adeguato e degno di essere vissuto, perché è compito del formatore rendere degna la formazione lasciando qualcosa da portare a casa all’uditorio.
Ma facciamo un pò di teoria. I principi della formazione esistono e sono ben delineati. Infatti c’è “l’informazione” che ha il ruolo di trasferire in maniera monodirezionale, univoca, contenuti tecnici, umanistici o altro; c’è “l’addestramento” per garantire che l’utente sappia fare una data attività, come ad esempio utilizzare un defibrillatore; e c’è la “formazione”, ultima nella scala dei processi specifici perché più completa e complessa da realizzare, dove l’utente “forma” o “trasforma” se stesso in qualcosa di diverso, più adatto al compito al quale è chiamato. Da questa definizione è intuibile che la formazione si può realizzare solo in alcune specifiche condizioni e con delle risorse maggiori rispetto al semplice trasferimento di un’informazione o ad una procedura di addestramento. Infatti l’informazione la si realizza già con una pagina scritta (anche questa che state leggendo) ma demanda a Voi stessi il livello di attenzione, partecipazione, motivazione e cambiamento. L’addestramento è ancora più facile, in quanto si realizza seguendo pedissequamente un manuale di uso, il cui utilizzo sarà via via meno necessario tanto più ripetiamo la medesima operazione. 
La formazione, ultima nella scala perché più difficile e complessa, in generale si ottiene quando il fruitore modifica il suo modo di fare-essere-sapere, cioè si “tras-forma”.  Se per anni abbiamo operato in una certa direzione è difficilissimo cambiare rotta. Il motivo, tra l’altro, è insito nella neurofisiologia ed è idealmente correlabile a tutti i nostri “vizi”, dannosi o meno che siano, sempre tanto difficili da abbandonare.
Ovviamente nel gergo, con una approssimazione pericolosa e fuorviante, siamo stati abituati a parlare sempre e soltanto di formazione, non facendola praticamente mai! Soprattutto i decisori e le istituzioni parlano solo di formazione e formatori, non c’è mai il vocabolo istruttori o insegnanti, grave errore semantico legato ad un errore concettuale, voluto o meno che sia.
Sulla volontarietà di una smagliatura lessicale così marchiana, il sospetto sorge perché in tante e tante occasioni ho sentito bene parlare di Sapere, saper fare e saper essere; delle differenze tra andragogia e pedagogia; concetti che possono essere utilizzati solo quando se ne conoscano le definizioni.
Le azioni che si continuano a mettere in campo sono, nella stragrande maggioranza dei casi, legate al nostro concetto scolastico di aula. Certo la penuria di risorse non agevola il compito di nessuno, ma qualcosa si potrebbe e dovrebbe fare!